Da qualche anno a questa parte mi sono davvero appassionata alla pasticceria. Tutto è iniziato con i preparati Cameo, poi ho preso coraggio e ho cominciato a familiarizzare con la farina, lo zucchero, le uova e il lievito. Fatto sta che ora sfornare dolci è diventata una grande passione, buon tempo speso per rilassare i nervi, divertirsi e accumulare – e far accumulare! – qualche pizzico di ciccia sui fianchi. E’ mio motto da un po’: “Se non va con la sociologia, mi dò alla pasticceria”, ma sinceramente non so quale delle due strade mi possa dare più prospettive al momento!
Lasciando volutamente da parte lunghi e noiosi sproloqui sul roseo futuro occupazionale che investe un laureato italiano in scienze sociali su uno, in questi giorni mi si è risvegliata la vena di “scrittrice”, sopita da qualche annetto a questa parte. Sarà stato lo spirito del Carnevale o l’aria salina svedese, fatto sta che finalmente mi sono decisa a riprendere mano a digitare e quindi ad aprire questo blog.
L’idea si è formata nella mia testa martedì mattina, un ordinario ma riposato risveglio di un giorno senza lezioni all’università, quando è obbligatorio un sonno di 10 ore consecutive dopo una full immersion in un esame, peraltro intervallata eccezionalmente da un viaggio – M E R A V I G L I O S O – in Lapponia finlandese (ok, sì, magari ne parlerò in qualche prossimo articolo).
E’ consuetudine in famiglia, da quando son piccina, fare abbuffata di dolci tipici carnevaleschi il pomeriggio e/o la sera di Martedì Grasso: le frittelle con l’uvetta e la crema pasticciera, le castagnole e i crostoli di “Raffaello” sono davvero una bontà! Ma da quando ho preso passione di preparare dolci, è diventata tradizione trascorrere il pomeriggio dell’ultimo di Carnevale sfornando qualcuno di questi dolcetti.
Con questa intenzione, infatti, mi son svegliata tre giorni fa: la prospettiva più fattibile erano le frittelle, ma l’idea di riempire la cucina comune del piano con il delicato e grazioso olezzo di olio fritto mi ha fatto presto cambiare idea.
Così, annoiata e un po’ abbattuta, faccio il solito check news in Facebook per vedere quali brillanti fattacci degli altri sono stati pubblicati durante la notte. E mi trovo in poll position un articolo su sweden.se sulla semla, un panino dolce al cardamomo, farcito di panna montata e marzapane (alcuni dicono pasta di mandorle, ma ho chiesto ad un amico svedese e mi ha assicurato che la ricetta originale vuole il marzapane). La tradizione vuole che questo dolcetto, o meglio, dolciotto (alcune pasticcerie ne sfornano di enormi!) venga solitamente consumato in fettisdag, il Martedì Grasso in svedese, prima del periodo di Quaresima. Tuttavia gli svedesi si son presto sentiti troppo stretti a mangiare questa prelibatezza per così poco tempo, per cui hanno cominciato a deliziarsi di semlor (è il plurale di semla) ogni martedì tra Martedì Grasso e Pasqua.
Nell’articolo di sweden.se avevano pubblicato anche la ricetta. Non mi sembrava molto difficile, per cui mi son detta: perché non provare? In tutta onestà ero un po’ timorosa, perché cucinare pietanze tradizionali per la prima volta senza l’aiuto di un “nativo” non è per nulla facile. Ma la cosa divertente che mi ha dato la spintarella – e lo so, di questo un po’ me ne vergogno, dato che son quasi due mesi che sono qui in Svezia – è che prima di oggi non ho MAI assaggiato una semla originale.
Il risultato?
Ad occhio sembrano proprio loro! Anche se in una versione molto molto piccina – poco impasto e molte bocche da sfamare!
Gli amici non svedesi hanno apprezzato molto!
L’amico svedese, a cui ho proposto un azzardato assaggio, si è complimentato per la nuova invenzione del dolce: non sa assolutamente di semla, ma è comunque molto buono!
Credo che il motivo sia dovuto al fatto che non ho usato il cardamomo ma la buccia di arancia (mi spiace, ma il cardamomo rievoca in me pessimi ricordi, motivo per cui l’ho volutamente sostituito); inoltre la panna montata “laktosfrii” non ha il gusto dell’originale usata in pasticceria.
Qui di seguito, la ricetta illustrata di questi dolcetti svedesi in una versione che mi sento assolutamente di chiamare italiana. Per la ricetta originale, rimando all’articolo di sweden.se!
Piccola nota sugli ingredienti: ho usato tutti prodotti senza lattosio, ho una leggera intolleranza. Credo dedicherò prima o poi un articolo sulla vasta gamma di prodotti laktosfrii che si possono trovare qui nei supermercati!
Ingredienti
Per l’impasto
100 gr di burro
300 ml di latte (3% di grassi, è una cosa tipica svedese, magari scriverò un articolo pure su questo!)
50 g lievito per dolci in cubetto
scorza di un’arancia
½ cucchiaino da te di sale (anche la storia del cucchiaino da te meriterebbe un post!)
85 gr di zucchero
500–550 gr di farina
1 uovo sbattuto per spennellare i dolcetti
Per il ripieno
200 gr di marzapane
100 ml di latte
300 ml panna liquida da montare
Per la decorazione
Zucchero a velo a piacere
Preparazione
Sciogliete il burro a bagnomaria e aggiungete il latte riscaldando il tutto a fuoco lento (non deve bollire, ma raggiungere 37°C per essere precisi – io ho fatto ad occhio, non ho con me il termometro da cucina).
In un recipiente spezzettate glossolanamente il lievito e aggiungete la buccia di arancia.
Aggiungete il composto di latte e burro e mescolate fino a quanto il lievito non sarà sciolto.
In un recipiente molto grande, versate il composto ottenuto e aggiungete il sale, lo zucchero e la maggior parte della farina, conservandone un po’ da parte. Lavorate il tutto, meglio se con un mixer o impastatore, per 15 minuti. Non disponendo di questi strumenti, ho dovuto farlo con un mestolo da cucina, quindi consiglio di evitare! Lasciate riposare per 40 minuti. La pasta deve duplicare di misura. Il risultato è pressapoco questo:
Lavorate con un po’ di farina l’impasto in un piano infarinato.
Modellate un salsicciotto, tagliatelo in pezzi e forma delle palline. Tenete conto che lieviteranno ancora del doppio nella fase di riposo e ancora un poco di più in cottura. Avendo parecchi volontari assaggiatori, ho tagliato palline molto piccole. Ponete i panetti ben distanziati su una teglia coperta con carta da forno e lasciate lievitare per un’ora i dolcetti coperti con uno straccio da cucina umido.
Spennellate con l’uovo sbattuto le palline. Ponete la teglia sulla parte più bassa del forno a 250°C per 7-10 minuti (scegli una temperatura più bassa se hai preparato panetti più grandi). La superficie dopo la cottura deve essere giallo dorato.
Tagliate i panetti a due terzi di altezza partendo dalla base. Con un cucchiaino scavate il centro ricavando uno spazio per il ripieno e spezzettate l’impasto in una ciotola. Sbriciolate grossolanamente il marzapane, aggiungetelo alla mollica e unite il latte. Il composto deve essere una massa cremosa. Il profumo è eccezionale! Montate la panna.
Farcite i panetti con la crema di marzapane e con una sac-à-poche distribuite la crema su tutto il dolcetto.
Posizionate il coperchietto di pasta sopra la panna. Spolverate con zucchero a velo e via all’abbuffata!
Ora ci vorrebbe una bella chiacchierata sul modo più appropriato per mangiare le semlor, in quella che è la ben nota fika, la pausa caffè svedese, ma ormai ho già scritto anche troppo in questo articolo!
Avendo banchettato dopo cena, c’è chi, come la sottoscritta, ha bevuto del tè, chi succo di arancia o di mela. Nessuno in effetti ha bevuto caffè. Ah, naturalmente la mia amica canadese non poteva non bere il latte al cacao, bevanda tipica che accompagna i suoi pasti!
Quando (e se torni) attendiamo qualche assaggio non solo virtuale! Complimenti Anna :)! Serena
Grazie mille Serena 🙂
Per il momento non ci penso al ritorno, ma credo sarà necessario, almeno per laurearmi! Per il “poi” si vedrà 😉
Sembrano proprio deliziosi …… Complimenti
Annamaria
Grazie Annamaria! 🙂